Giselle, fascino antico e nuove suggestioni
30 Ago 2008, Pubblicato da RECENSIONI indi Silvia Bernardi
Fondazione Arena. Teatro Romano affollato per il balletto romantico.
Di Maria Grazia Garofoli le coreografie.
Giselle chiude la sezione danza dell’Estate Teatrale: il balletto romantico, carico dei suoi 167 anni di vita gloriosa, è l’ultimo di un cartellone dominato dalla danza di carattere. Una chiusura classica dunque con il Balletto dell’Arena di Verona impegnato in unaGiselle raffinata, recuperata dalla tradizione con alcuni ritocchi sostanziali, soprattutto nel finale. Ancora Giselle? Ebbene sì, perché nonostante sia uno dei balletti del repertorio ottocentesco tra i più frequenti sui nostri palcoscenici, colpisce ancora e sempre. Ha il fascino e il potere di commuovere il pubblico d ’oggi e creare nuove suggestioni. Ogni riapparizione propone verifiche e quesiti. Il bello sta nella ricerca da parte di interpreti e coreografo di una visione personale e convincente, tra le tante interpretazioni viste in mezzo secolo.
Di conseguenza, Teatro Romano affollato, interesse, commenti vivaci che toccano non il capolavoro, ormai superiore ad ogni elogio, ma l’edizione proposta. Quella ideata dalla coreografa Maria Grazia Garofoli si distingue nei grandi movimenti delle Villi, potenziate nel numero delle interpreti, (ventiquattro in scena a differenza delle diciotto solitamente impiegate nelle versioni della Scala e dell’Opera di Roma), e nel finale. Il principe Albrecht trova riscatto solo nella morte e non è più la sola Giselle a sacrificarsi per l’uomo che l’ha ingannata.
Insieme, finalmente sullo stesso piano, si incamminano verso l’alba dell’eternità. Maria Grazia Garofoli ha mantenuto della coreografia originale tutto ciò che di valido è pervenuto negli anni, integrando con scrupolo filologico e stilistico le parti aggiuntive. Nel primo atto la compagnia ha mostrato amalgama e una buona consuetudine di lavoro. Di rilievo il pas d’action degli Sposini (Teresa Strisciulli, Marco Fagioli, Elvira Renna, Pietro Occhio) dove è tangibile l’armonia.
Amaya Ugarteche nel primo atto è una Giselle freschissima e innamorata, pervasa da una leggerezza che è il suo tratto più caratteristico. Nel secondo, la tecnica deidéveloppé, dei grand jetés, delle pirouettes, si mescola con equilibrio all’interpretazione eterea del personaggio ormai svaporato nell’aldilà. Giuseppe Picone è un Albrecht entusiasmante: perfetto nella tecnica e nella resa drammaturgica. Quando è in scena, Picone irradia onde magnetiche, padroneggia il movimento punteggiandolo di dettagli e naturalezza, restituendo sempre emozione, (applauditissimo il suo impeccabile entrechat six).
Le scenografie, create per il Teatro Romano, hanno i toni caldi e soffusi di un autunno carico di tristi presagi. Tra alberi frondosi che rimangono sullo sfondo, si muovono le incantevoli Villi in tulle bianco. Applausi a scena aperta per la traversata e la lunghissima diagonale, di grande suggestione. Ultima replica questa sera (alle 21)
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