Da Nureyev ad Atanasoff
12 Mar 2003, Pubblicato da INTERVISTE inDa Nureyev ad Atanasoff una vita in punta di piedi
di Enrico Pieruccini, L’Arena 12 marzo 2003
È stata, come ballerina, la Giselle prediletta di Evgheni Polyakov. E proprio come Giselle, alla Fenice di Venezia ai tempi di Polyakov, riscosse un successo strepitoso nel 1978 insieme a Cyril Atanasoff nel ruolo di Albrecht. Maria Grazia Garofoli, dal 1999 direttore del ballo alla Fondazione Arena (dove ha coreografato Coppelia, Giselle e Don Chisciotte e sta lavorando alla Bella addormentata che debutterà l’11 marzo) ricorda con grande gioia quegli anni veneziani e quella Giselle che danzò anche con Rudolph Nureyev.
– Meglio il megadivo Nureyev (1938-1993) o Cyril Atanasoff, classe 1941, cresciuto all’Opéra di Parigi?
«Meglio – non esita un istante – Cyril Atanasoff. Lo ricordo come un Albrecht magnifico. Sulla scena aveva ballato con grandi partner: Noëlla Pontois, Alicia Alonso, Yvette Chauviré. Ed io ebbi l’onore di essere tenuta a battesimo, come prima ballerina, proprio da lui. Anche Dominique Khalphouni, due anni prima, all’Opéra, era stata tenuta a battesimo da Atanasoff».
– Eravate una squadra molto affiatata lì a Venezia, vero?
«Sì, e per noi Polyakov, oltre che maestro, era un amico. Il suo fisico da airone, le sue braccia lunghe che sembrava un albatros, il giubbetto blu da marinaio, il cappellino nero alla Lenin, la sciarpa rossa sempre al collo… ed era un grande intellettuale. Però, questa sua natura non fu tanto capita. In effetti lui, era un intellettuale, direi… ‘ermetico’. Non è che rendesse tutti partecipi della ricchezza del suo pensiero. Lo faceva solo con gli amici».
– Oltre a Giselle, quali altri balletti del periodo della Fenice le stanno più a cuore?
«Senza dubbio Le spectre de la rose e, in particolare, Francesca da Rimini che Polyakov creò per me».
– E La bella addormentata no?
«La stavamo provando, ma poi non se ne fece nulla, arrivò Caroline Carlson e tutto finì».
– Iniziò però, nel 1980 proprio lì a Venezia, il momento d’oro della Carlson… Undici onde, Underwood…
«Sì, ma la Carlson, che proveniva da scuole non classiche come quella di Nikolais, per le sue coreografie aveva bisogno di danzatori non accademici. E il gruppo si sciolse. Io e altri andammo al Comunale di Bologna mentre Polyakov passò a Firenze e successivamente a Parigi, all’Opéra, per poi tornare, nel 1988, nel capoluogo toscano. Facendo sentire a Firenze, anche da morto, il suo peso intellettuale. Deceduto a Parigi il 24 ottobre 1996, le sue ceneri furono infatti tumulate quello stesso anno nel cimitero degli inglesi di Firenze che era chiuso da oltre un secolo. E così adesso riposa vicino alla poetessa Elisabeth Barret Browing, come sono insieme a Venezia, altra commistione di danza e letteratura, Sergei Diaghilev ed Ezra Pound».
– Come lavoravate con Polyakov?
«Era un sogno. Non si guardava l’orologio e si tirava anche fino alle 10 di sera. Lavoravamo tutti seriamente ed eravamo pieni di entusiasmo».
– Un po’ quello che sta accadendo qui a Verona nel suo corpo di ballo…
«Beh, all’inizio è stata dura. Il rigore, il duro lavoro, inizialmente sono stati accolti con molta difficoltà. Poi, col tempo, il lavoro fatto è stato ripagato. E chi magari si era adagiato, ha ritrovato entusiasmo. Ora tutti danno il massimo, ben oltre la paga sindacale, e i risultati si sono visti».
– Lei, confermando la nomea di chi si è formato all’Accademia Nazionale di Danza, ha fama di essere severa. Veramente, rifacendosi a diversi insegnamenti, tra questi il metodo italianissimo di Enrico Cecchetti (1850-1928) che in Gran Bretagna e negli States è quasi Vangelo, a volte lei spacca il capello in quattro?
«Serve il rigore. Anche perché il mio miglioramento, lo dico come fosse uno spottino, avviene solo attraverso il loro miglioramento. Imporre non serve: conta un obiettivo comune da raggiungere».
– Torniamo a lei. Che accadde in quel di Bologna?
«Ci fu la scoperta dell’insegnamento, del laboratorio, del confronto. Quando me lo permettevano gli impegni (ero prima ballerina lì al Comunale ma andavo anche all’estero come ospite, dal centro-nord Europa, agli States, al Brasile) mi buttavo a capofitto nei laboratori che tenevo al Dams, davvero una bellissima esperienza».
– Poi (tanto per rimanere alle ‘donne’ di Atanasoff), facendo la stessa scelta della Pontois, si è ritirata dalle scene piuttosto presto, al contrario della Chauviré e della Alonso che hanno invece tirato rispettivamente fino ai 55 e ai 60 e passa…
«Ballando si è in uno stato continuo di ‘esplosione’ fisica e i pensieri te li assorbe tutti il corpo. Finisce, a un certo punto, che se si ricercano altre cose, ci si deve proprio fermare. Io ricercavo lo studio teorico della danza, dei suoi ‘classici’, della sua ‘sociologia’, delle sue valenze antropologiche. Non me ne pento».
– Torniamo a oggi. Da quando è arrivata, gli spettacoli di danza della Fondazione Arena hanno proposto stelle di levatura mondiale: abbiamo visto, per la prima volta a Verona, Vladimir Malakhov, Darcey Bussel (principal del Royal Ballet), Gillian Murphy (principal dell’ABT, American Ballet Theatre), e ancora, Ygor Yebra, Elena Pankova, Roberto Bolle, c’è stato il ritorno di José Manuel Carreño nel frattempo passato all’ABT, insomma una situazione in controtendenza rispetto alle altre fondazioni liriche parecchie delle quali hanno chiuso con la danza. Qual è, non disponendo di grandi fondi, il suo segreto?
«Non ci sono segreti. A Verona, ospiti del suo corpo di ballo, queste star si trovano bene, si sentono in famiglia. E così, posso fare l’esempio della Bussel, tra una ‘piazza’ più blasonata che le avrebbe dato più soldi e Verona dove poteva ballare la scena del balcone del Romeo e Giulietta di Prokofiev-MacMillan, non ha avuto dubbi e ha scelto Verona. Anche perché è una città bellissima, piena di fascino».
Ci ha detto molte cose, ci dica qual è il suo segno zodiacale.
«Leone, 1° agosto».
Decisamente è in ottima compagnia: Carla Fracci, Elisabetta Terabust, Liliana Cosi… tutte leonesse ballerine, tutte donne di ferro, tutte, da sempre, ‘una vita per la danza’.
Spiacente, i commenti soon disattivati.