Una Giselle con nuove sfumature
07 Mag 2008, Pubblicato da INTERVISTE in
FONDAZIONE ARENA. Il balletto debutta questa sera al Filarmonico
dove resterà sino a domenica: ne parla la coreografa
La storia di Giselle
con nuove sfumature
di Gianni Villanii, L’Arena, 7 maggio 2008
Maria Grazia Garofoli:
“C’è qualche differenza rispetto alla solita versione:
qui Albrecht è una specie di vampiro.
Maria Grazia Garofoli è la coreografa di una nuova versione di Giselle (o Le Villi), il celebre balletto di Adolphe Adam che andrà in scena da questa sera (ore 20,30) al Teatro Filarmonico fino a domenica 11 maggio. La nuova produzione della Fondazione Arena si rifà in larga parte ai canovacci che la tradizione, italiana in special modo, ha consentito di riservare fino ad oggi al celebre racconto di Téophile Gautier e Vernoy de Saint Georges in cui fu introdotto il tema della morte, indispensabile per la scena delle Villi.
Abbiamo chiesto alla coreografa veronese quali temi nuovi ha introdotto nel più importante balletto del repertorio romantico.
«Una piccola differenziazione, dalla solita versione che si fa di questo balletto, l’ho riservata in particolare al personaggio di Albrecht, pensato come un essere trascendente, come una sorta di vampiro che viene da lontano per rivivere un’altra volta questa stupenda storia d’amore. E rivivendola lui si innamora perdutamente della dolcezza di Giselle tanto da decidere volutamente la morte».
– Un concetto ispirato ad una visione che già avevano gli antichi greci…
«Già. Si rinasce ad una nuova vita solo attraverso la morte. Albrecht decide di morire per una seconda volta vicino a Giselle, per vivere in una dimensione diversa. La mia è una variante di carattere più psicologico che stilistico. Stilisticamente il carattere di Albrecht risulta però in questo modo più corposo, più forte, meno tradizionale. Un personaggio che ha una valenza nuova e un suo mistero venendo anche da lontano. Non è il solito Albrecht che siamo abituati a vedere. Il personaggio porta con sé un che di tenebroso, di “noir” che lo rende più sfaccettato, in una maniera diversa. Più profondo di quello che stilisticamente è per abitudine dolente e di maniera. È un Albrecht insomma più sofferto, più drammatico».
– Chi interpreterà il ruolo di Albrecht ?
«Il cubano Josè Carreño, étoile dell’American Ballet, notissimo al pubblico del Filarmonico. Lo interpreterà nelle prime due recite del 7 e 8 maggio. Il romano Fabio Grossi lo rimpiazzerà nelle restanti tre recite»
– E Giselle ?
«Una ballerina russa, Anastasia Matvienko, esteticamente interessante, dotata di un’arte e di una qualità davvero eccezionali, che farà coppia con Carreño. La seconda Giselle sarà la nostra Maya Ugarteche, che a mio parere è una Giselle naturale e spontanea. Il suo modo di esprimersi, il suo movimento, la sua qualità, sono proprio da Giselle. Avremo così due Giselle diverse tra loro, ma con doti che richiedono ambedue di essere viste. Fabio Grossi è estremamente dotato e incarna perfettamente quell’Albrecht che voglio io: un po’ intenso, un po’oscuro».
– Come sta andando il nostro corpo di ballo areniano?
«Stiamo lavorando moltissimo per cercare di dare una forte e intensa impronta al nostro organico, come in questa produzione dove abbiamo ballerini giovanissimi, assunti a contratto. È un lavoro stimolante, con “promesse” che si confrontano per prima volta in Giselle. Il materiale umano è grezzo, ma estremamente interessante perché così lo si può modellare a proprio piacere. Il processo sarà sicuramente un po’ lungo, ma non mancherà di dare i risultati perché ci sono diverse qualità».
– Perché insiste con il repertorio della tradizione?
«Non potendo disporre di una scuola, il balletto di repertorio ci consente di essere tutti eguali e di lavorare con gli stessi intenti in un’unica direzione. Sto pensando a Lo schiaccianoci che è l’unico tassello che ancora ci manca. Se non lo facciamo noi che siamo un grande teatro, chi altri lo potrebbe mettere in scena ? Il repertorio di tradizione ci permette di coniugare passato e presente e di tenerci in forma. Proveniamo da una storia e da una tradizione molto precise: sono le radici che ci danno poi le basi per affrontare il repertorio contemporaneo».