Shakespeare, sogno veneto
14 Ago 2005, Pubblicato da RECENSIONI inShakespeare, sogno veneto
di Marinella Guatterini
Diviso in tre parti, Il sogno veneto di Shakespeare è l’ultima novità creata per il corpo di ballo dell’Arena dalla sua direttrice-coreografa Maria Grazia Garofoli.
Appassionata shakespeariana, da sei anni alla testa del complesso areniano, la Garofoli ha già creato balletti ispirati alla Tempesta e ai Due gentiluomini di Verona.
(…) Garofoli punta alla sintesi. In venticinque minuti – quanto dura ognuno dei tre capitoli shakespeariani del balletto – mette in scena solo i protagonisti essenziali, più una serie di cori simbolici. Nel Romeo e Giulietta danzano uomini senza volto, con maschere neutre. Sono le immagini della paura che atterrisce Giulietta allorché si accinge a bere la pozione destinata a procurarle una finta morte. Invece, in Otello, il coro è costituito da ombre che inghiottono il Moro dopo l’efferato omicidio di Desdemona.
Passi a due si alternano a insiemi anche nella comica sintesi della Bisbetica domata, dove è più ridotto il numero degli interpreti ma in compenso maggiore è quello dei frammenti musicali; il più lungo duetto che stringe Caterina al rude Petruccio è ad esempio accarezzato dalla voce di Donella Del Monaco e da strumenti d’epoca. Dalle Shakespearian Songs spunta invece Greensleeves, musica di anonimo, che fa da collegamento tra la morte dei due giovani di Verona, l’impossibile unione, almeno iniziale, di Caterina e Petruccio e il primo incontro di Otello e Desdemona che già preannuncia, nel vortice del movimento, la distanza tra l’innocente vittima e il passionale carnefice. Tutto, infine, termina con grandi folate sonore di vento che sospingono gli interpreti e si trasformano, come all’inizio del balletto, nel celebre Canone di Pachelbel, per dire che anche i più torvi pensieri di morte si sciolgono, qui, in un gioco onirico di pure forme danzanti.
Vestito di morbidi costumi rinascimentali, Il sogno veneto di Shakespeare rinuncia a interpreti di richiamo: tra funzionali quinte dipinte entrano ed escono di scena solo gli elementi della compagnia areniana. È una scelta della direttrice-coreografa che punta a fare emergere emozioni anziché virtuosismo in un linguaggio classico-moderno privato della pantomima e delle scarpette da punta salvo nel convenzionale passo a due di Giulietta con il promesso sposo Paride.