Quando i sogni si realizzano
14 Ago 2005, Pubblicato da RECENSIONI inQuando i sogni si realizzano
di Daniela Bruna Adami
Applaudito al debutto il soggetto di Maria Grazia Garofoli
Shakespeare si spoglia, restando in un desabillé che prelude al sonno. Ma la sua testa è in pieno fermento, i sogni sono affollati di personaggi, un po’ diversi da come ce li hanno tramandati i copioni teatrali definitivi. Accanto a lui il “fedele” Puck, folletto-alter ego, magico mescolatore di storie, personaggio chiave del Sogno di una notte di mezza estate.
Stavolta di un altro Sogno si tratta. Mentre l’altro è stato utilizzato abbastanza spesso come soggetto anche dalla danza, da Balanchine a Bigonzetti, questo Sogno veneto di Shakespeare, che in una fresca sera di mezza estate ha debuttato con successo al Teatro Romano davanti ad un pubblico non tanto numeroso, è un soggetto originale di ispirazione cinematografica, creato dalla direttrice del ballo della Fondazione Arena Maria Grazia Garofoli, un sogno d’amore del Bardo che si snoda lungo l’asse Verona-Padova-Venezia, dove si svolgono le vicende di tre coppie, Giulietta e Romeo, Caterina e Petruccio, Desdemona e Otello. Storie diverse, emblematiche di diversi modi di amare e di diverse età. C’è l’amore adolescenziale e incapace di mediazione dei due veronesi; quello maturo che è rivalsa di genere, della Bisbetica domata, e quello possessivo e distruttivo del Moro di Venezia.
La stanza di Shakespeare è pure un luogo onirico, a metà tra la foresta di Oberon e lo spazio simbolico della mente, e lo sottolinea la scenografia (di Emilio Avesani) che sembra una tenda separatrice spazio-temporale colorata dai sentimenti. In fondo, sembra dire la coreografa, ciascuno ha il suo sogno d’amore, compreso il drammaturgo inglese che mescola desiderio e creatività e interviene nell’azione, non avendo ancora deciso il destino dei suoi personaggi.
Maria Grazia Garofoli ha avuto coraggio, ha osato un soggetto difficile, nuovo, e lo ha realizzato “in casa”, con i primi ballerini areniani al posto delle étoile ospiti. Ha osato nel linguaggio, classico ma con numerose libertà e “prese” aeree decisamente moderne. Ha osato nella musica, un insieme di musiche rinascimentali o rielaborate. Più tradizionali i costumi, firmati da Anna Biagiotti. Il risultato è un balletto ben costruito, con una narrazione fluida, chiara e rilassante, ma non per questo noiosa. E anzi che aggiunge dettagli inediti: Romeo e Giulietta si reincontrano nella tomba, lei si sveglia mentre ancora lui è in agonia, e muoiono in uno struggente passo a due; Caterina e Petruccio lottano fisicamente, anziché verbalmente come nella commedia di Shakespeare, avvicinandosi più alla coppia cinematografica Taylor-Burton che al testo teatrale; su Otello, che è forse il personaggio meglio descritto, il dramma è incombente fin dall’inizio e culmina nella disperazione autodistruttiva, dopo l’amplesso mortale in cui Desdemona soccombe alla sua gelosia. Ed è questo lo splendido e sensuale passo a due danzato da un Otello tormentato da una passione incontenibile e dall’elegante Amaya Ugarteche, che nella prima scena era stata Giulietta accanto al marito Antonio Russo, fresco di promozione a primo ballerino. Nella scena centrale, Simona Mangani in un inedito ruolo brillante, ha dato vita con Luca Panella ad un divertente e atletico incontro di “lotta libera” danzata.
Applausi prolungati e molte chiamate in scena, anche per lo Shakespeare di Roberto Spanò e il Puck di Massimo Schettini e alla compagnia tutta.